LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO
XXVI EDIZIONE
Pordenone, Teatro Verdi, 6-13 Ottobre 2007
Le Retrospettive sull’Altra Weimar e René Clair, il monumentale Progetto Griffith, l’icona Louise Brooks, Le due Sorelle Gish, l’animazione di Starewitch e il Premio Oscar John Canemaker riuniti in un programma d’eccezione per il ritorno del Festival a Pordenone
Superato il giro di boa del venticinquennale, le Giornate del Cinema Muto affrontano una seconda giovinezza, complice anche il ritorno all'originaria Pordenone. Ma è il programma stesso che si propone di coniugare la somma di esperienze di ricerca e di studio delle passate edizioni con il divertimento di scoprire sempre nuovi territori.
La rassegna principale di quest'anno tornerà al cinema tedesco, di cui in passato le Giornate rivelarono già il pre-Caligari. Stavolta, occupandosi dell'Altra Weimar, si andrà nel cuore di un'epoca classica del muto, ma per scoprirvi quanto è meno noto, gli autori e i film rimasti ai margini del Pantheon storiografico. Un'epoca sempre attuale anche per le sue valenze culturali e politiche (quanti confronti si sono sentiti anche in tempi recenti con una fase di contraddizioni sociali che hanno segnato il passaggio alla dittatura), Weimar è per il cinema un territorio sterminato, non risolvibile nei termini consolidati (espressionismo, Kammerspiel, Neue Saglichkeit). Accanto ai sommi Lang e Murnau (e ad autori marcati dall'espressionismo come Wiene) operarono numerose personalità creative, che solo in minima parte conosciamo. Avremo qui modo di vedere per la prima volta i film-rivelazione di autori segnati anche dall'espressionismo come Robison, o del “perverso” Oswald, del fantasioso Berger, del manierista Dupont, proseguendo con Lamprecht, Piel, Schünzel, Prager... E poi di due autori che “chiosarono” Lang con i loro premake, Joe May e Richard Eichberg. E del Max Mack che fu la rivelazione della storica retrospettiva pre-Caligari. Altro nome ritornante è quello di Hans Steinhoff, cui le Giornate dedicano un'attenzione pluriennale. Va segnalato infine Die Carmen von S. Pauli di Erich Waschneck, che potrà confrontarsi con un'altra variazione sulla Carmen in programma, quella con la diva olandese Annie Bos.
Molti tra gli autori precedentemente citati sono collegabili alla presenza ebraica nel cinema tedesco, e sarà sicuramente emozionante e tragicamente paradossale scoprire nel film di Hans Behrendt, che finirà vittima della Shoah, l'interpretazione di Werner Krauss e Veit Harlan (nel ruolo di un chapliniano barbiere ebreo che si chiama come il poeta Mandelstam), ovvero le figure al centro di Jud Suess.
Si può quindi considerare un prolungamento del programma Weimar un prezioso documentario su Kurt Gerron (che interpretò, tra gli altri, il ruolo del mago Kiepert nell’Angelo azzurro, a fianco di Marlene Dietrich), vittima vulnerabile per eccellenza dello sterminio.
Ma à coté si pone anche uno degli eventi serali del festival, Die Büchse der Pandora di Pabst con la folgorante Louise Brooks.
Il che ci porta alla seconda rassegna maggiore del programma, dedicata a René Clair: regista mancato della Brooks, è anche forse l'autore dalla fama più contrastata di tutto il cinema francese. Oscillante tra sopravvalutazioni e sottovalutazioni, sembra giunto il momento per scoprire il divertimento manierista di questo autore, che irritò la critica della nouvelle vague, ma seppe conquistarne il marginale Jacques Baratier. Si potranno vedere nelle copie migliori i divertissement fantasiosi che il regista diresse tra il 1923 e il 1928, con la sicura promessa di scoprire in quelli che furono considerati i suoi film minori o persino da lui ripudiati (Le voyage imaginaire, dal bel titolo mélièsiano, o La proie du vent) opere non meno vivaci dei riconosciuti Paris qui dort, Un chapeau de paille d’Italie, Les deux timides. Completano la rassegna Le Fantôme du Moulin Rouge, altro titolo intrecciato col territorio del gotico francese, e il muto finale La Tour.
L'evento centrale della rassegna sarà quello musicale su un titolo dell'avanguardia più scatenata, Entr'Acte, dove – grazie alla collaborazione di Ornella Volta, fondatrice degli Archives de la Fondation Erik Satie di Parigi – la musica di Satie raggiungerà la sua apparizione sullo schermo, accanto a Picabia, Duchamp e Man Ray.
Autore che ha coniugato l'avanguardia col territorio dell'animazione è Ladislas Starewitch, di cui si vedranno nelle copie migliori le invenzioni animate attraverso i materiali organici, in una sorta di anticipazione delle audacie lynchiane.
Il lungo viaggio attraverso l'opera di Griffith raggiungerà quest'anno l'undicesima e penultima tappa, dedicata al periodo 1921-1924. Anche qui le sorprese non mancheranno perché accanto al capolavoro riconosciuto (cui sarà dedicato uno degli eventi musicali) Orphans of the Storm, interpretazione sublime delle Gish che si è posta al centro delle ossessioni di Rohmer e di Truffaut, ci saranno dei film “minori” non meno belli, a cominciare da quel Isn’t Life Wonderful, che già conquistò Renoir e Rossellini. E poi, tra gli altri, America, che prosegue la geniale enciclopedia griffithiana sulla storia americana.
Del cinema americano si scopriranno anche altri territori: nella sezione Treasures III i film con tematiche sociali (tra cui il più vecchio dei film sopravvissuti di King Vidor e un'opera del maledetto William Desmond Taylor); in un ciclo curato da Rick Prelinger i film promozionali; una rassegna dedicata a Jean Darling & Our Gang... Ma anche, in uno degli eventi musicali, l'apocrifo demilliano Chicago, film eroticissimo la cui protagonista Phyllis Haver ci conquisterà anche più delle recenti interpreti dei remake in chiave musical.
Perla tra le perle, l'“ennesimo” omaggio a Mabel Normand, che percorrerà film già noti e rarità, svelando altri tesori anche dalla sfortunata fase finale della scatenata commediante.
Per ulteriori informazioni visitate il sito ufficiale Cinetecadelfriuli.org/GCM.
XXVI EDIZIONE
Pordenone, Teatro Verdi, 6-13 Ottobre 2007
Le Retrospettive sull’Altra Weimar e René Clair, il monumentale Progetto Griffith, l’icona Louise Brooks, Le due Sorelle Gish, l’animazione di Starewitch e il Premio Oscar John Canemaker riuniti in un programma d’eccezione per il ritorno del Festival a Pordenone
Superato il giro di boa del venticinquennale, le Giornate del Cinema Muto affrontano una seconda giovinezza, complice anche il ritorno all'originaria Pordenone. Ma è il programma stesso che si propone di coniugare la somma di esperienze di ricerca e di studio delle passate edizioni con il divertimento di scoprire sempre nuovi territori.
La rassegna principale di quest'anno tornerà al cinema tedesco, di cui in passato le Giornate rivelarono già il pre-Caligari. Stavolta, occupandosi dell'Altra Weimar, si andrà nel cuore di un'epoca classica del muto, ma per scoprirvi quanto è meno noto, gli autori e i film rimasti ai margini del Pantheon storiografico. Un'epoca sempre attuale anche per le sue valenze culturali e politiche (quanti confronti si sono sentiti anche in tempi recenti con una fase di contraddizioni sociali che hanno segnato il passaggio alla dittatura), Weimar è per il cinema un territorio sterminato, non risolvibile nei termini consolidati (espressionismo, Kammerspiel, Neue Saglichkeit). Accanto ai sommi Lang e Murnau (e ad autori marcati dall'espressionismo come Wiene) operarono numerose personalità creative, che solo in minima parte conosciamo. Avremo qui modo di vedere per la prima volta i film-rivelazione di autori segnati anche dall'espressionismo come Robison, o del “perverso” Oswald, del fantasioso Berger, del manierista Dupont, proseguendo con Lamprecht, Piel, Schünzel, Prager... E poi di due autori che “chiosarono” Lang con i loro premake, Joe May e Richard Eichberg. E del Max Mack che fu la rivelazione della storica retrospettiva pre-Caligari. Altro nome ritornante è quello di Hans Steinhoff, cui le Giornate dedicano un'attenzione pluriennale. Va segnalato infine Die Carmen von S. Pauli di Erich Waschneck, che potrà confrontarsi con un'altra variazione sulla Carmen in programma, quella con la diva olandese Annie Bos.
Molti tra gli autori precedentemente citati sono collegabili alla presenza ebraica nel cinema tedesco, e sarà sicuramente emozionante e tragicamente paradossale scoprire nel film di Hans Behrendt, che finirà vittima della Shoah, l'interpretazione di Werner Krauss e Veit Harlan (nel ruolo di un chapliniano barbiere ebreo che si chiama come il poeta Mandelstam), ovvero le figure al centro di Jud Suess.
Si può quindi considerare un prolungamento del programma Weimar un prezioso documentario su Kurt Gerron (che interpretò, tra gli altri, il ruolo del mago Kiepert nell’Angelo azzurro, a fianco di Marlene Dietrich), vittima vulnerabile per eccellenza dello sterminio.
Ma à coté si pone anche uno degli eventi serali del festival, Die Büchse der Pandora di Pabst con la folgorante Louise Brooks.
Il che ci porta alla seconda rassegna maggiore del programma, dedicata a René Clair: regista mancato della Brooks, è anche forse l'autore dalla fama più contrastata di tutto il cinema francese. Oscillante tra sopravvalutazioni e sottovalutazioni, sembra giunto il momento per scoprire il divertimento manierista di questo autore, che irritò la critica della nouvelle vague, ma seppe conquistarne il marginale Jacques Baratier. Si potranno vedere nelle copie migliori i divertissement fantasiosi che il regista diresse tra il 1923 e il 1928, con la sicura promessa di scoprire in quelli che furono considerati i suoi film minori o persino da lui ripudiati (Le voyage imaginaire, dal bel titolo mélièsiano, o La proie du vent) opere non meno vivaci dei riconosciuti Paris qui dort, Un chapeau de paille d’Italie, Les deux timides. Completano la rassegna Le Fantôme du Moulin Rouge, altro titolo intrecciato col territorio del gotico francese, e il muto finale La Tour.
L'evento centrale della rassegna sarà quello musicale su un titolo dell'avanguardia più scatenata, Entr'Acte, dove – grazie alla collaborazione di Ornella Volta, fondatrice degli Archives de la Fondation Erik Satie di Parigi – la musica di Satie raggiungerà la sua apparizione sullo schermo, accanto a Picabia, Duchamp e Man Ray.
Autore che ha coniugato l'avanguardia col territorio dell'animazione è Ladislas Starewitch, di cui si vedranno nelle copie migliori le invenzioni animate attraverso i materiali organici, in una sorta di anticipazione delle audacie lynchiane.
Il lungo viaggio attraverso l'opera di Griffith raggiungerà quest'anno l'undicesima e penultima tappa, dedicata al periodo 1921-1924. Anche qui le sorprese non mancheranno perché accanto al capolavoro riconosciuto (cui sarà dedicato uno degli eventi musicali) Orphans of the Storm, interpretazione sublime delle Gish che si è posta al centro delle ossessioni di Rohmer e di Truffaut, ci saranno dei film “minori” non meno belli, a cominciare da quel Isn’t Life Wonderful, che già conquistò Renoir e Rossellini. E poi, tra gli altri, America, che prosegue la geniale enciclopedia griffithiana sulla storia americana.
Del cinema americano si scopriranno anche altri territori: nella sezione Treasures III i film con tematiche sociali (tra cui il più vecchio dei film sopravvissuti di King Vidor e un'opera del maledetto William Desmond Taylor); in un ciclo curato da Rick Prelinger i film promozionali; una rassegna dedicata a Jean Darling & Our Gang... Ma anche, in uno degli eventi musicali, l'apocrifo demilliano Chicago, film eroticissimo la cui protagonista Phyllis Haver ci conquisterà anche più delle recenti interpreti dei remake in chiave musical.
Perla tra le perle, l'“ennesimo” omaggio a Mabel Normand, che percorrerà film già noti e rarità, svelando altri tesori anche dalla sfortunata fase finale della scatenata commediante.
Per ulteriori informazioni visitate il sito ufficiale Cinetecadelfriuli.org/GCM.
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